sabato 26 dicembre 2015

PERMAMENTE

Poi iniziarono a perdere i capelli
denuncia pubblica d'acefalia
e poiché non consoni all'etichetta
passavano giorni interi senza pasto
aggrappati a saldi cinesi delle chiome
unghie smalti maquillage arcobaleni
uscivano che già era buio
per ritornare il mattino dopo
un'ora avanti l'apertura
"vogl'esser donna" sloganavano
senza voce lingua di falsa serpe.

E' un trucco
semplicemente un trucco.

Si davano così ad ogni viril marita
illusa d'esser tale
la pechinese abbagliata fucsia
di lacrime giulive
solcati i crateri d'acne
di quell'acido lime
che tanto fa latte alle ginocchia
di suocera
di padra negata
di pupaffogata
tettare la rotula non più pelosa.

E' un trucco
semplicemente un trucco.

Un giorno verso le cinque
prima dell'alba
il due novembre
al già Carlo Del Prete.

Lucio Galluzzi
C2015CCL



venerdì 23 ottobre 2015

DOJO




E' che il mio Maestro
volentieri mi donava sassi
da custodire con gli occhi.

Lucio Galluzzi
C2015CCL


IL DONO DELLA PAROLA




Parlano alla luce blu
ogni tanto lampeggiano
ed io sempre di più
m'innamoro perduto
della loro morte.


Lucio Galluzzi
C2015CCL

lunedì 12 ottobre 2015

SCONGIURO

Odoran di funerale e cotenne  
bollite in olio di semi vari
questi soldatini pettinfuori
di pollo gonfio d'antibiotico
anabolizzati chiusi stretti
mai una giacca onorabile tale
con il cordino di sugna
nei colletti adesi al gozzo e nuca
i poveri diavoli d'oggi
sgherri in battaglione
rumoreggiano stonati.

Come quando vai a visita
dallo specialista luminare
l'aria negata da sempre
fa della sala d'attesa
tanfo di fico secco e formalina
e non vedi l'attimo che sia finita
pagarlo per andare scappando
e non tornare più
lo stesso contengono
i poveri diavoli d'oggi
nell'anima pesa
vomitano acetoni.

Non c'è supplica o implorazione
all'Altissimo conveniente
che li prenda ora
giacché lo stesso Dio
si novena in fronte a Sé Medesimo
postulando l'Avvocata Sua
a lasciarli qui in Terra
con noi tutti che meritiamo
odor di funerali e cotenne
bollite in olio di semi vari.

.


Lucio Galluzzi
C2015CCL




sabato 10 ottobre 2015

PREFATTORI NON NE VOGLIO PIU'

La bellezza assoluta che si dedica il poeta è scrivere sapendo che nessuno lo leggerà.
Perché il poeta usa la notte per piangere le parole, le travaglia una ad una, si lacera quando escono.
Ed è così, come tutti i maledetti ultimi, che ha imparato a stare, sopravvivendo a se stesso, anche.
Nascosto, invisibile, giacché da sempre nessuno osa posare gli occhi su quell'entronauta.
Il poeta è un repellente egoista, si augura la fine senza sosta e quando arriva crepa da solo.
Eppure bastava una carezza per farlo smettere di scrivere.
Oh! Com'era grande il poeta!
Il più grande degli anni 2000.
Luzio Galluzzi
C2015CCL


martedì 29 settembre 2015

DEGL'INTEGUMENTI




Tutte le volte che non si sa mai
e il momento poco propizio
quelle altre che non mi conosco
affondo
i turni del lascio vedo raddoppio
non torno poco tempo manca il respiro
l'etichetta che punge il collo
annodato
ero prima di lei ho fretta corro
sono sicuro non mi ha beccato l'autovelox
e poi un po' ho rallentato
frizione
si scalda così per contrasto
una parte di chiappa contro l'altra
il culo stringe tanto
fa 90
Tutte le volte che non mi ricordo
e i mesi forestieri corti troppo
ho lungo qualcos'altro
restante
perbacco
ecco!
Giacché per questo pertanto
in tal maniera in forma guisa
mi giro e mi prendo solo
me lo metto
sistemato
per nulla inaspettatamente
s'apre d'umano quell'animo
e par che rido
d'orizzontale posto
intergluteo
il solco.
Tutte le volte che a sedermi
la faccia duole
e mi ricorda che mi ricordo.

Lucio Galluzzi
C2015CCL



giovedì 24 settembre 2015

PANTOFOLE E CULLE

Quelli di cera chiedono sempre
che tu accenda veloce
non possono sentire
il bello del senza luce
liberati dalla continuata
alternata
statica
accendi fratello e poi passa
non tirare da solo
peste ti colga se

ma di notte sono i miracoli

la Piccolissima Fiammiferaia
ora
mai 
defunta da tempo lì
dove sanno tutti
si conserva più che bene
algida morta Motta
pensano i viandanti
buttando un solo occhio
al ricoperto cioccolato bianco
perché sei così fredda
distaccata
bimba mia?

ma di notte sono i miracoli

In un Martini
forse era Manhattan
Negroni
chissà chi lo sa
d'altre onde sono astemio
poco importa a me
poco
ma lei non galleggiava
ancorata
al fondo del calice
tirava le cuoia
schiattava
crepava
senza più un fiammifero
di nuovo e un'altra volta
continuamente

ma di notte sono i miracoli

Altro che un semplice cubetto
era di perfetta quadrivettura
e quelli di cera non la smettono
vogliono che accendi
veloce
ed è una folgore il filo della lametta
illumina quanto serve
dolce non per le gote
ma per aprir sorriso.

Lucio Galluzzi
C2015CCL











giovedì 10 settembre 2015

RACCOGLIERE LA FINE

Ciò che ci manca
ciò che è finito
ciò che è mai iniziato
ciò che non sappiamo
ciò che è senza noi
quelle certe sicurezze
le albe i tramonti
le maree il vento
le orbite il rumore
nonostante scende sempre
||
la vita
||
verso il mare
||
eppure
ogni settembre
l'odore del fango
il primo freddo
lo schiumare dei mosti
il rancido del bollito
il tabui che trema solo
la catena troppo corta
il torbido sospeso
fin troppo chiaro
tra una smuìssa
la famiglia nel tinello
un piccione morto
||

Da sempre
questi posti
devastano.

Lucio Galluzzi
C20125CCL


domenica 16 agosto 2015

CASTIGLIANA

Per throu im durch par para mi
si va nella fitta dolente
Per throu im durch par para mi
si va nell'eterno malore
Per throu im durch par para mi
si va tra la perduta mente
Medicus Clinicus Ecclesiae
credebam eis esse
ed era donna cosicché non era
in un armadietto incassato nel muro
chiusa nella cavità
nella parete di fondo
costretta paraplegica al fuoco
volle così il suo Fattore!
Quel punto esclamativo
quantità cardinale d'Eurelo
vettoriale Trinità
esatta
precedente
a Quello.

Per throu im durch par para mi
si va nella zitta dolente
Per throu im durch par para mi
si va nell'eterno fetore
Per throu im durch par para mi
si va tra la perduta lente
e fu sì potente il lampo
tale abbagliante baleno
che l'avessero dotata di Transition
sarebbe stata Paolo.
Ancora.


Lucio Galluzzi
C2015CCL








venerdì 7 agosto 2015

T'ADORIAM OSTIA DIVINA T'ADORIAM OSTIA D'AMOR


























Tornano sempre le vittime
attente mute in quiete
sul luogo del delitto proprio
e se lo guardano l'assassino
divertite
cancellare la sua presenza
l'esistito adempiuto concreto.

Tornano sempre le ostie
liturgiche franche in bonaccia
su quel punto della caduta
e se l'assistono il beccaio
precise
revocare il sangue ancor vivo
indubbio lui morto seppur vivo.


Lucio Galluzzi
C2015CCL

martedì 4 agosto 2015

GODDESS

Non le metto le tue scarpe
che dal 12 si cade
mi sfragoro la caviglia
e poi la zeppa è così cheap
più vado avanti meglio star scalzo
abbandonare i lacci
sfioccare il vezzo
dimenticare l'abitudine
Savate in mezzo alle tue cosce
farti donna di baffi posticci
quand'io Contesso scaricavo
al porto di Marsiglia balle
e cotone buono solo ai bulges
com'è aristocratico lei
mi dicevano tutte le marinaie
una per una con la coulotte rosa
identiche dozzine
io che già conoscevo Fassbinder
me lo facesco di pastis
sapevo che quelli erano slip
già allora
per nulla adeguati all'epoca
figurarsi se rosa
ma d'un salmone ossidato
dentro vibrava un Sony qualsiasi
basta la marca per dar scenografia
ma dico io
che minchia vuoi se non capisci?

Io te tue scarpe non le metto
comunque
la Regola vuole colpi precisi
collo e tallone alla tibia
preferibile
vietato il triangolo genitale
ma fa lo stesso
ho la punta rinforzata
talmente ci sono cose
che rapito a desiderare
il buio cade di colpo
senza che te ne accorgi
così è
in tutti i Porti come quello
così vanno via senza sirena
le cose che ti amano
mica cretine come Sara
buttano il sassofono nel Meandro
negando Attalo e la sua gente.

Ho chiesto ad Alex
d'aspettarti una notte
in tenuta sua completa
di terrore come solo lui sa fare
lui che mi adora goddess
sounding e altri misteri
farti godere d'urli
fino alla morte.
Ah l'Amour!


Lucio Galluzzi
C2015CCL






 


martedì 23 giugno 2015

RAKU

Ormai da epoche si era sfracellato   
lanciandosi sotto il letto
se ne stava lì senza dare fastidio
capitava sporadico di primavera
o alla fine delle scuole
un lieve accenno stolto
stupida quella luminescenza
tipica della palude metropolitana
aggregata immobile
solcata viscerale di magnetiche rotaie
S'ossidava liberando pensieri
fosfati diretti anaerobico Carbonio
e d'umano Ossigneno toccato
purtroppo umano
umano realmente purtroppo
radiava luce improvvisa
quelli di sopra ginnasticavano
non li sentiva fortunato più
dirsi che facevano l'amore
neppure quando smettevano
di colpo diseretti del cazzo
le voci in falsetto maschio
ebeti convinti fosse fiamma.
"ille comburit".
Ormai da epoche si era sfracellato
lanciandosi sotto il letto
conforme alla misura
di legni e pietre
senza più fastidio d'una carezza.
Carnale.

Lucio Galluzzi
C2015CCL


venerdì 29 maggio 2015

LE CIME D'HALLELUJAH


E' come quando ti cade nello stomaco
all'improvviso d'un solo botto
tutto lo spazio dabbasso dello Zhangjiajie
pari a fulmine di Katana disceso dalle vette
dolce lama che non intacca laringe 
si sanguina per niente dai labbri aperti
risolta la voce.

E' l'identico smarrimento d'un corpo
spostato a sorpresa assenti punti di fuga
e coordinate in dimensione  
si rotola come allo spiedo
d'un lento moto quieto in ombra
i legamenti sciolti tono sparito
risolta la voce.


Lucio Galluzzi
C2015CCL

 

martedì 5 maggio 2015

Lampìa

E' normale quell'impercettibile caduta
sembra nebbia di radura in aprile
verso la fine tra il sole ancora non caldo
al mattino e il il banco che s'apre è giorno
quasi chiaro completo un Mistero quotidiano
preoccuparsi delle minute differenze
fermandosi vuoti di pensiero senza incrinare
l'esatto equilibrio d'aurora e alba
lentissime s'incanalano verso sera
crepuscolo e tramonto ed è ancora giorno
vivo sempiterno divenire d'uguale frequenza
è un'illusione la notte che il nero non esiste
ma summa imbibita d'Iride tutta.

E' normale quella trasparente bruma
mobile organismo che non riflette
neppure ci pensa al calcolo della perfetta ridda
eppure circola in moto stabile accennato appena
gli assenti fissi a quello scendere di punti
non se ne danno ragione vanno oltre
forse è caligine o polvere di sempreverde
pollini sospesi magari sfarinature d'aria pesante
riverbero dopo barbaglio un quanto di luce
che come qualsiasi particella di materia
tridimensiona precipitando fotone
qui sta il Miracolo d'una scintilla.

Lucio Galluzzi
C2015CCL

sabato 2 maggio 2015

DENATURA VITA



Superior i pensieri in punta d'anima
gravitano sul peso assente
ciò che da Terra strappo lì s'impone
la mia tara.


Lucio Galluzzi
C2015CCL

giovedì 9 aprile 2015

PTERONOFOBIA

Le sberle degli Arcangeli
lasciano stampi sulle gote
sfortuna vuole temporanei
non danno momento
bastardi come sono
alla tua mano poggiata
sul sigillo della loro
e mi dispero ogni volta
disperso di sete forte
senza sfiorare goccia
i fiumi lenti nei quali immergo
l'anima pesante.



lucio galluzzi
C2015CCL

                                                                                                               per h. thomasson

martedì 7 aprile 2015

YERSINIA!




Ménin àeíde, theà
ma era una stonata crepata campana
in cima al monte a stordire
tutta l'archeologia fisica dabbasso
non importava a quelle rovine
manufatte genuflesse maltate
invero per quegli altri cantava la sgolata
ai reperti d'emozione e coscienza
capaci fino alla tragedia
arrampicarsi più sopra quella vetta
raggiungere la poesia e il ferro
Ménin àeide, theà
ma era assetata quella laringe profonda
tanto che a passo lentamente epico
si fa per dire era finto glorioso
scalza uncinate unghie aquiline ai piedi
sapeva trovare il sangue laggiù
in tutti i nostri Peloponnesi
funesta grida s'era di morti
giovani pulsanti rosso e seme voleva
e Ira metempsicotica invase Europa
anche Io e Giove sconfinò
Ménin àeide, theà
ma non bestemmiava la vedetta
agli dei tutti è dovuta nessuna riverenza
privi di bene saggezza giustizia
[i teologi si fottano tra loro]
 letali interferenze
manifesti agenti strategici disturbi
ed è così che piovono i Mehomeena
a strali infiniti per l'offeso sacerdote
i numi tutto compiscono
saltare un tendine strapparsi il timo.


Lucio Galluzzi
C2015CCL 
 

giovedì 19 marzo 2015

STRARIPANTI VIVERI



Quella volta che t'incontrai
tra le tante volte uguali
eri più cadavere del solito
un lieve passare sul Pincio
immaginato lungomare
fino al Muro Torto
non fosse stato per i pattinatori
potevi essere Monumentale
tanto t'esibivi di fottuto silenzio
mancavi pure d'Edera
idiota come sempre
riconoscevi Ficus
ciò che erano magnolie
io mi toglievo dai coglioni
tra le tante volte uguali
colonnati apparecchiati murari
senza tavola e tovaglia
non mangio con esiziali
tra le tante volte uguali
un preciso lancio
un boomerang sono
mi ritorno indietro tra me
in me nelle mie mani.

Lucio Galluzzi
C2015CCL






lunedì 16 marzo 2015

RIPRESA





Trismegisto tre volte verde
in cava smaragdina
le facce unite una all'altra
mi ricordava quell'Arcano
sì, quello dei Led Zeppelin,
chissà poi perché lo fanno?
I versetti sono apparizioni
repentine fulminate
una spadata di luce
alla fronte centrata
netta il Verbo isola Lemmi
un rumore solo unico continuo
battente imperativo bastona
cazzo c'entra ora il terzo occhio?
E' vero sì che qualche volta
t'apre il frontale di notte
sempre tre volte Trismegisto
fisso al Giovanni chino
indecente senza mantello
riposto al masso in sette pieghe
Erano ermetiche lontane
le lavanderine
e i ferri sulla Tabula.
Finisce così
come un pezzo dei Discharge.





Lucio Galluzzi
C2015CCL





giovedì 12 marzo 2015

L'OROLOGIO A PENZOLO - CAPITOLO PRIMO - PARTE SECONDA

"Sai cosa c'è che non va in questa sequenza?", mi disse, leggermente insoddisfatto, Felix, "la miseria della misera non è rappresentata come dovrebbe. C'è un non so che di ancora umano nel disumano sparso, eppure è a pezzi. Che crudeltà feroce concedere ancora espiazione e magari pure un Purgatorio. Sprecare così la certezza del Male ammettendo in scena pure la Luna..."
E' proprio così.
D'un tratto solo, forse anche due, mi ricordai di quel periodo mistico rosa, tra croci e fichi freschi, dei canti lontani e il pungente fumo dei cespi d'origano bruciati per far spazio ai solchi.
Un turibolo espanso fino a Scilla, e anche oltre, la mia Terra.




Un'Arabia di basse bianche moschee e cristi scorticati, conventi e malaffare.
Malaffare specialmente.
Contraria a me quella delatrice.
Sì, esatto, quella con quel pacco di sivo ribollente, rima alla meschina.
Non se ne andava.
Avversa.
Tempesta del focolare senza un solo Angelo soccorritore.
E liolì e liolà questo amore si farà
si farà d'oro e d'argento
d'affondare il bastimento
bastimento poi non c'è
io mi sposo con il Re
Re e Regina al matrimonio
nella Chiesa è un manicomio
Me la cantavo e me la suonavio io la messa, non potevo fare altrimenti.
All'asilo non vedevano di buon occhio un prete.
Immagina una suora.
Per giunta Badessa.
Due Badesse sotto lo stesso tetto possono anche starci, ma come marito e moglie, peccatora e confessora.
D'altro no.
Così ogni sera tornavo dentro senza aver visto neppure uno strazio di tramonto.
Mi serviva come un ventilatore polmonare, ma gli Dei condedono cose a chi non devono, i devoti a chi bestemmiano.
Da mane a sera.
Te lo potevi immaginare tu che il tramonto da noi è di mattina?
Troppo rosso per essere Alba. Troppo chiaro per Aurora, lo sfrigolio e il tanfo di curcuci annunciavano un ben diverso prologo.
Difatti tutti lo sapevano tranne me.
Ai bambini appena svegli u cuntu dell'Arcangelo non glielo fanno mai.
Si spalancò la persiana. Non un alito di vento. Non un colpo di tosse nuvolare.
Paralisi invasiva.
Rumore azzerato.
Frame motion.
Era bellissima Gabriele. Spada enorme. Veste azzurra come il mare di Pellaro.
Bello come non so.
Odorava d'Annunciazione proprio lì sotto.
Curioso ma già sapevo che aveva nulla.
Non hanno sesso. Non ci trovi quella cosa e nepppure l'altro soggetto. Che vengono a fare allora?
Vengono e basta!
Non mi posso distrarre, niente domande, fatemi la Carità.
Si abbassò sul mio viso. Secondo me era alto forse tre o anche quattro metri. Una Giganta.
Mi soffiò in bocca senza lingua. Manco quella hanno.
Me la fece.
L'Annunciazione.
"Sugnu Giovanna, chidda d'Orleans, mischina, abbruciu c'avi centinara d'anni, varda u focu ca' mi cunzuma e m'arruvina. Vinni acca' ndi tìa pì nù fattu capitali. Non sciatari e apri i ricchi bòni: mi mandaru mu tu ricu chiaru e tundu, tu cì comu ammìa, preciso, figghia, sputatu. comu gemelli simu.
Viri ca pì seculi ri seculi tu figghi non ndi po' avìri. Infatti jeu non sugnu Patri. Ci spiai o' Patreternu sì mmi potiva fari Matri e chiddu s'allisciau u biffiu, na puntata nto' culu e fui scafazzata ndi sta mundizza. Ora tu a ffari comu ammìa, chistu è u Destinu, a' Magarìa, u Nfernu tuttu... E siccomu nu figghiu mi manca assai... mi mpreni? Setti simani ti lassu pa' risposta e quannu tornu o i na' manera o i n'autra ti vogghiu!"
21 giorni.
Neppure una ovulazione finita.
Ma io che ne sapevo di queste cose?
Santi, Martiri e Regine.
Inzio così il mio periodo di stipsi petrosa.
Alla Madre Terra non lasciavo nulla.
Si sa quelli troppo sensibili se ne fottono degli altri.
Gli altri si fottono quelli sensibili.
Era la mia nemica.
Davvero.


Lucio Galluzzi
C2015CCL


mercoledì 11 marzo 2015

L'OROLOGIO A PENZOLO, CAPITOLO PRIMO



Ho preso il mio quaderno. Quello di una volta. Il quaderno mai avuto, ma sempre presente sotto le ascelle dello scriba. Mi assentavo sovente dal mestiere. Non lei che senza dirmelo scriveva di me, di notte, sibilando. Che distratto! Sedeva alla stessa nostra tavola. Io che neppure avevo speso una virgola per descriverla. Era da sempre lì. Un culo troppo piccolo per essere gradito anche alla sedia, smisuratamente grande per un pantalone, anche per una gonna.
Lei li metteva tutti e due, ignara del livore procurato ai pochi peni tristi, rattrappiti, in quel corridoio dalle porte sempre chiuse.
Non ho mai capito quanti anni avesse più di me e comunque più di tutti. Era vecchia come il colore dei suoi capelli, tinta rancio unito a struttto ormai passato, non solo di moda.
A volte, al sole, le ciocche restituivano un fucsia acceso, come quelle lampade eterne ai lati degli altari in chiese maledettamente moderne.
Era lei stessa una maledizione. Non lo so se fosse mio fratello. Neppure mi sono mai chiesto circa la presenza vaginale.
Era una spia. Una nemica travestita umana. Certe volte, da seduta, allargava le cosce. Dal tessuto dell'indossato comprendevo tutto l'orrore d'avanzata cellulite. In mezzo era gonfia. Imbarazzantemente gonfia. 
Disdicevole.
Ha sempre pensato, e lo so, d'essere una figa. E osava anche parlare. Un lamentoso sbavante sospiro continuo di vocali in falsetto, orgasmava pareva. Non c'era da ridere.
Faceva davvero paura, cazzo se lo faceva.
A se stessa.
Ricordo, forse era aprile o inizio maggio, la mia catechista mi portò in una angolo: "Cosa vorrai fare da grande?". ' Vorrei morire.'
Eh no che non si può. Un bimbo poi che così bestemmia la vita santa donatagli. Non si deve.
Ma io da grande volevo seriamente fare il morto.
O la monaca.
Non una semplice monaca.
La badessa cattiva, tipo strega santa, per terrorizzare le vergini. 
Oppure se non fossi morto potevo anche scegliere la professione della macchina per cucire.
Solo ed esclusivamente per affermare all'Universo tutto che è "per" e non "da".
Un'Olivetti lettera non so, qualcosa da pigiare con le lettere e i simboli insomma.
Macchina per scrivere.
Per e non da.
Lo diresti "mi sono comprato giustappunto un'automobile da viaggiare in lungo e in largo?"
Sì vero?
Lo sapevo.
Era davvero una spia. Divoratrice di beni  e pasti altrui. Ero certo che avesse pure mangiato il pisello al marito, o alla moglie... Ma glielo aveva fatto sparire così, a morsi veloci.
Dicevano fossi un po' anormale.
Se lo bisbigliavano.
Era tutta una farsa. Ero perfettamente consono. Solo che il mio sesto compleanno non era ancora arrivato. Si sa, è scientifico, tutti approfittano dei cuccioli quando hanno cinque anni.
Tutti proprio tutti. Lo fanno anche con le cose tue care.
Se hai un uccellino te lo strozzano, un gatto te lo avvelenano, una bambola te la disarticolano, un futuro te lo pisciano.
Che me ne importava? Tanto io da grande volevo morire.
Ero troppo sensibile e come tutte gli esseri sensibili me ne fregavo degli altri, pensavo solo a me stesso.
Sapevo dalle mie vite passate che gli altri manco mi vedevano, quindi ero sano.
Figurati se avevo la patente!
Si è mai visto un poppante che guida?
Mi portava in giro quel mio fratello, forse sorella, poi parcheggiava al sole, bloccava i finestrini, sbatteva la portiera, chiudeva a chiave e andava.
E' pensabile fosse certo o certa che al suo ritorno mi avesse rinvenuto cadavere.
Cretino, cretina!
Un cadavere da rinvenire?
Alzati Lazzaro e cammina?
Non li ho mai sopportati questi grandi, non mi trovavo bene allora figurati oggi.
Sì ok, sono morto, ma questo significa nulla.
Dovrò in qualche modo svegliare mio fratello. Mia sorella. Il lattaio non è un postino. Non suona proprio. Se non fanno colazione poi si arrabbiano e mi urlano.
Devo svegliare mia sorello. Mio fratella.
Che siano morti anche loro? Lui? Lei? Eppure fino a ieri russava/no. Magari è il destino. Un fato fortuito. Un gioco di Sibilla. Un occhiolino di Sfinge. Devo risolvere il problema.
C'era un grandissimo orologio sparato laser sulla parete di fronte. Anche la parete era smisurata.
Una lancetta segnava le zero, l'altra le sei, una lancia al costato, un Giudizio Finale, era il Tempo del Congedo.
Ma del dolore non ho voglia di parlare adesso.
Era una perfetta spia.



Lucio Galluzzi
C2015CCL



martedì 3 marzo 2015

ROSSO

Hai mai alzato gli occhi
solo leggermente sopra il coperchio
battendo sul tempo l'inizio del sibilo
alla valvola della tua oppressione?
Un non meglio identificato legume
lesso sciapito stracotto spaccato
senza nerbo e neppure principio di germe
sterile poveretto che continui a sobbollire
tanto che neanche normale cottura s'addice
il cibo dell'anima a un palmo dall'ombelico
l'unica tua cara preziosa amica la mano
la memoria chiazze gialle tenute lì
in ricordo di schizzi troppo passati
irripetibili ormai
ormai irripetibili
invecchiano su stoffe dozzinali
color miseria e poco più nulla
ancora per niente
per niente ancora
Sapessi la pena d'ogni mattina
la badante di Marx aggirarsi
come ladra costretta imposte chiuse
maledire il marito ad ogni spolverata
mentre quello dormiva sonoro
sicuramente dopo aver ancora generato
Rosso.

Lucio Galluzzi
C2015CCL




domenica 1 marzo 2015

DIDEROT A PIETROBURGO


Abbracciami ora
ora abbracciami
non so ancora se adesso
o dopo tra un po' poco
domani si deve andare
chissà con quale mezzo
mi è sconosciuto
perché ci ritroviamo
così come siamo
in questo momento
a Leopoli su letti d'ermellino
falsissimi
come la pelliccia sull'Afrodite
forse non è Leopoli
forse è un manicomio
forse siamo a Mannheim
che strano i vetri veneziani
dimenticati su mobili
d'ebanisti libanesi
e gli odori del profano
profonda parafilia
ci fanno notare il portagioie
bianco come tutti i bagni
qui dentro
sopra c'è scritto "regalo nostro"
di fronte "solleva subito!"
dentro c'è Sacher
sminuzzato
non c'è traccia di composta d'albicocche
neppure cacao
niente zucchero
disaromatizzato
giace tra le polveri
delle sue cedevoli ali
dissociazione e capovolto
il set notturno
fino a che l'uscio di apre
entra avanza Emilienne
la pervertita
coi ragazzi di lato
forse ragazze
chini/e ai guinzagli
ci invita ai padiglioni del bagno
"entrate nell'acqua gelata
entrateci ora"
e di laggiù sentivamo
sottofondo stramodulato
"in sitting the DSCHUNGEL
on NURNBERGER STRASSE
a man LOST in TIME
near KaDeWe
just walking the dead..."

Abbracciami ora
ora abbracciami
dissociazione e capovolto
il set notturno
fino a che l'uscio l'altro
schiude il Mattino
perché mai deve far Alba?

Lucio Galluzzi
C2015CCL

mercoledì 25 febbraio 2015

IL LATTE ALLE GINOCCHIA


 


Mi abito dentro non so davvero
dello scrivere mio se non quando parole
cadono a valanga dal vomito fuoriuscite
vergate da stilografiche caricate a sudore marino
è così che si diventa Dio facendo Cosmi e dismisure
d'incensi lordate le carni fino a bruciare
carbonella barbecue all'aperto
buttarci sopra benzina alimentare lo scoppio
d'incensi lordate le carni fino a bruciare
ahimé la Letteratura sporca alle mani
di Creta l'impasto del creare e ridar vita
è così che si diventa Dio facendo Cosmi e dismisure
e mi chiedi mi chiedi un continuo numerale
per noi che si scrive seguendo il Suggeritore
spesse volte sono molti più d'Uno
ci vorrebbe un Atto senza Dolore
dar fuoco al Luogo Presente insieme a te
e alle domande che si domandano sole
cadono a valanga dal vomito fuoriuscite
io non sento ormai più e sei presente
fin quando io lo scrivo il Verso forse prima
giacere in forma di libro abbandonato
sulle ginocchia d'un qualsiasi giornalista
forate d'amabili Parabellum a sversar latte
Mi abito dentro non so davvero.

Lucio Galluzzi
C2015CCL

domenica 8 febbraio 2015

ANCORA

E' perché non fu possibile
ai tempi d'allora che c'erano
il calibro esatto degli abissi
i mari per nulla interessati
se ne stavano in altrove letti
qualcuno che sa racconta cieli
compressi d'arie d'alte ottave
che poi noto è pure al profano
costringere Ossigeno non si deve.

Sicché rovinarono dabbasso
valanghe universali ratte
di rombi repentini assai
chi veloce parla è sicuro
quasi sempre non si tace
e noi con loro stramazzati
in questo albergo a ore
s'affittano pinne e anfibi.

Ancora.


Lucio Galluzzi
C2015CCL


lunedì 2 febbraio 2015

STELLA

Sono altrove
in quell'altro posto
dove molti ne sono
di cieli d'afflizione
io sono un ragazzino
buttato giù dal muro
in un ottantanove
che poi è domani stesso
in piena guerra e geli
pannolenci ai piedi
Jules Verne il mio nemico
spietato e silenzioso
guardo violoncelli
infissi in schiene di passanti
e la sera in filodiffusione
alcune madri nate cattive
che così è da sempre
la mia tastiera abbigliata
come un Debussy
e tu che non hai una parola
mi guardi dove non sono
piangi a secco come una bestia
fingi di farmi le feste
ti manca la coda.

Ora guardo esodi infiniti
nel tuo petto spopolato
com'ero ieri sono pure il domani
il mio domani che non sei tu
in clementi corrimani
di centri commerciali
su scale ferme mobili
nella mia cuccia di basalto
sul soffitto il film lento
in danza di sciancate
tra rosse echinodermi
piove la bava
di questa infame età.

Sono altrove
immobile
nel continuo temporale
spio da una ferita il mondo
mi chiamano anche lambda
a volte kappa
so d'essere beta
sono il delta
nell'espressione del Fastidio
senza soluzione
vedo autobus color miseria
su linee di pianto
giardini giapponesi
passati dall'aria d'Uusimaa
un improvviso Sole
dalle finestre chiuse
d'artisti
sputano genio ostie
e morte in piena Luce
se aspetti
lì di lato
c'è una Stella
all'anagrafe non Edelweiss
può tornare a trovarti
per raccontarti di me
mi conosce da tempo
abita la porta accanto.

E tu che non hai una parola
non ne hai mai una
proprio come una Stella.

Tu non hai una parola
Tu non hai una parola
Tu non hai una parola...





Lucio Galluzzi
C2015CCL
 





martedì 20 gennaio 2015

LIBERA ME DOMINE [redux]

Se non fosse inutile sequenza di catena zuccherina
buona neppure a maniglie dell'amore
quel dio creato per l'essere voi giusti
sarebbe  abile e più famoso cecchino
d'ogni oltremanica, porte d'Ercole
Costantinopoli liberata
inizierebbe dai poeti
prima a me
fino a te.


Lucio Galluzzi
C2015CCL