martedì 30 agosto 2011

Adyar






Come invenzione
per salotti di quella fine 800
le madame grasse
da cappellini impropri
poco protette
uscivano di testa
e da quel buco
s'abbandonavano flaccide
poltronate
strette sui divani
l'une alle altre
supportanti l'amica accanto
squittendo
posavano gli occhi a terra
sul tappeto coloniale
in finta imenità
mentre
il barbuto mercante
esibiva il vampiro
solo d'aria fatto
mai compiuto
tutti e due

Ed era così
in quei posti
allora
esattamente
in quei posti
era così

Si sta uguali
oggi
solo meno legati
lasciando spazio tanto
che non ci si sfiori
i gomiti
s'ascolta il vero adesso
fissandolo
senza timore
si è
senza orecchie
pupille acidate
insieme solo per quello
donne e uomini
al segnale fisso
preghiamo Pavlov
di nuovi assenzi presi
senza bialcol
recliniamo colli
che s'offrono
e non soffrono
di quel pulsante carotideo
appena affondati
schizziamo
sopra
e
sotto
al campanello
fatti d'acquolina
tanta.

Ed è così
nei nostri posti
oggi
esattamente
nei nostri posti
è così
che sono i loro
posti
che sono nostri
posti
i loro.


Lucio Galluzzi
©2011CCL

lunedì 29 agosto 2011

Di te





Di te
altro non resta
se non deboli scie
biologiche poco umane
lasciate nottetempo
da lumache
sui muretti a secco
delle mie stanze

Madreperlano per poco
al primo umido
calcificano
ed io spero in pioggia
potente
allagamenti
esondazioni
voglio essere alluvionato
gustare la beatitudine
della corrente
che porta via

Di te
altro non è rimasto
se non l'occupazione
accerchiamento
blindati contro il mio sonno
nervini a sapienza dosati
fenolo come adrenalina
intracardiaco
ad ago smisurato
spinto tra le coste
sbagliando spesso sempre
e il nero dei giorni d'assedio
che freddi
sapevano di borsa nera
e disastro polacco
post bellico

Epidurale
eri.
E fu di colpo
il mio 25 aprile
non sapevo sparare.

Di te
non resta
neppure un inutile bossolo,
niente
solo un lieve rumore
a volte
che trasalisce
il riposo la notte
gli occhi restano poi aperti
fino a mattina.

Lucio Galluzzi
©2011CCL


venerdì 26 agosto 2011

FünfundFünfzig







La cinquantacinquesima lezione

non è mai iniziata

è ancora lì che aspetta

e può aspettare

impossibile andarla avanti

come nei bagliori dell'anima

è impraticabile

al comune conoscere

e la lascio perdere

la mando a perdere

io quel vuoto a perdere

senza cauzione

non ho voglia di restituzione

anche la rima è un caso

fortuito

inserito nella libertà del non fatto

programmato

schedulato

Quanto è vero che ad un limite

inconoscibile

tutto si smette

abiti compresi

che hanno fatto il monaco

no reservation

mi porti quel che capita

scelga lei per me

non ho gusto.


Quella maledetta

la cinquantacinquesima lezione

mi fissa

io che sono bravo nel non pesare

mi giro dall'altra parte

mi parlo d'altro

mi rido

con da sempre

quel bostik giallo tra le labbra

se provo a tradirmi

si strappano

è disciplina

completa

solo ora ricordo

quando mi nacqui


Scendono lievi dai sentieri

i tiepidi giovani

venti timidi.



Lucio Galluzzi

©2011CCL

domenica 21 agosto 2011

Fiere




Non c'è per nessuno

per nessuno ce n'è

che vuoi sentire tu

mai provato quello che il Poeta

descrive d'ala imbecille

schiaffo sulla nuca

e parli troppo del troppo

superfluo

come te

noi tutti

branco di fiere

dai carrozzoni cattivo gusto

fetido odore

si balla e saltella

un continuo

non c'è tregua

non ce n'è per nessuno

è continua questa guerra

personalissima

estesa

interstiziale

mattino sera notte aurora

niente pause sempre a scavare

per nascondere verità

e noi stessi insieme

sottoterra

stratificati

frequentiamo i precedenti

giardini pensili fossilizzati

vite d'altri esposte in pietra

tutto d'un colore solo

piombo fuso

non ce n'è per nessuno

e nessuno c'è

solo l'archeologo s'accontenta

mi spennella

spolvera

soddisfatto

la scoperta.


Lucio Galluzzi

©2011CCL


giovedì 18 agosto 2011

Hu diyelim





Mi desertifico

mi nego

al frastuono

al rumore

a questo presente

al loro minerale

mi trovo Sorgente

all'acqua originale

immobile

sospesa

ed è lacrimale

l' immersione

causa iniziale

mi emana

respira la Vita


Abbandono del tutto

la legge

la tutela

dimentico il tempo

la mia convenzione

tacciono i sensi

le tribolazioni

ormai sono unione

pulviscolo tra le cose


Posso sentire echi di Cesare

cicute nei calici

la gola accogliere

asini andare

il fumo di Brema

fior d'aranci a Cartagine


āsato ṃā sat gamayā

tamaso ṃā jyotir gamayā

ṃrityor-ṃā āmritam gamayā


Ascolto

la notte passare

la stella nascente

che rotola al giorno

la signora in lini

canta e profuma

lenta cammina

verso gli incensi


Non ho desiderio

niente dell'indietro mi prende

il tutto si muove con me

che mi muovo col tutto

e dormo

nel Giardino

tra erbe e rugiade

mi parlano i cervi

s'illuminano i grilli.



Lucio Galluzzi
©2011CCL

lunedì 8 agosto 2011

THEY THE PEOPLE - 2



Adorno Suite


Anche in piccoli gruppi riuniti i singoli ai singoli amano la mattanza.

Si svegliarono tutti alla medesima ora. A dire il vero, qualcuno prima.

Avevano programmato dall'anno precedente, nelle sere d'inverno e ghiaccio, tra rutti di birra popolare e carni alla griglia, l'evento battesimale.

Senza mogli, si dissero.

Quel mattino erano tutti un fremere muscolare.

Rico, che non usciva mai di casa senza aver puntualmente eiaculato sul ventre della sua donna, saltò l'idraulica.

Fu come miraggio vedere Selmo già pronto, lì davanti al porticato di casa, dritto e teso come lo scorsone il giorno di San Giovanni.

Quando i simili si trovano tra simili non tardano tra loro.

Hanno una sorta di radiocontrollo satellitare incorporato al polso, spaccano il secondo, all'unisono. Tutti.

Alceo mise il barcone, uno ad uno gli altri portarono gli strumenti.

Se il fine è simile e i mezzi identici, gli umani dalle proprietà comuni mortali, in insieme univoco, senza conoscenza alcuna d'Eulero, compiono l'atto di volontà.

Basilare è che l'atto sia idiota.

Sapevano che esattamente a neppure cento metri dalla riva li attendeva la barca di Duiga.

Ed erano già lì, all'incontro. Pronti.

Per loro fu un gioco da nulla scendere le reti e fare la camera di morte.

Portoscuso li fissava da dietro, Carloforte a oriente, lì vicina, immobile, come sempre.

Pasturarono e passarono i tempi canonici e iniziarono a issare.

Strano che le esche fosse rimaste intatte.

Ma quando i figli di Machiavelli vogliono portare a termine l'impresa, costi quel che costi, lo fanno, senza dubbi o domanda neppure di rito.

Fu pesca miracolosa, arpionavano e buttavano sul ponte i corpi di uomini, donne, bambini, giovani.

Senza un filo di grasso inutile.

Nessun dimenamento.

Le acque erano finalmente di nuovo rosse come ai tempi permessi.

Da lì, poco ci voleva per l'acqua internazionale.

Non c'era da perdere neppure fatica per sistemare le prede nelle gabbie d'ingrasso e attendere.

Barattarono il raccolto con l'abituata nave giapponese, in cambio trenta piastre d'argento per ogni pezzo e Tequila col verme per tutti.

Il moderno e colorato Pearl Harbor oggi si chiama Sushi.

Prima dei bocconi, gli umani pregano e ringraziano il loro Signore per il cibo benedetto donato loro anche oggi.

E siccome i Signori sono tanti, sparsi nei cieli del del globo, le tavole imbandite diventano Babele.


Lucio Galluzzi

©2011CCL

sabato 6 agosto 2011



E' scivolo dalle vette più alte

che poi sono basse

le nostre montagne hanno le cime contrariate

piantate in terra

E' da lì che scendiamo

o saliamo

neppure ci diamo sapere

come nei giardinetti

quello dei bimbi

loro si divertono e gridano la gioia

noi non più

caliamo come quarti di vacca

appena aperta

fumante

ammassati alla prima strettoia

ammazzati già dall'inizio

consumati fin dalla caduta qui

che non abbiamo memoria

ci siamo tolti la voglia pura

pure

di giocare con dio

però si scende lo stesso

quello che appare il basso

non lo è

la Luce non si mostra

più

per terrore

si pensa alla tenebra come male

alle discese cieche

si ha paura

non la si culla

la paura.

E' scivolo che ci porta

e tu che del mio scalpo

hai fatto borsa per tabacco

neppur fumando

non crei dolore

manco quello puoi più

Vado veloce all'acqua

quella Grande di Sorgente

senza parola

senza rumore

senza disturbo

qui nell'Immenso

fuori dal Caos.



Lucio Galluzzi
©2011CCL

venerdì 5 agosto 2011

IL MITO E IL CONDRIACO








I pianeti mi fissano ora che guardo in basso

la mattina è di piombo raffiche mute alle gambe

mi riprendono nello stagno galleggiano

santità già lontane scavo buche profonde

per sparire e inoltrare la preghiera smentita

che scordata come nota di basso sfondato

rovina lo spettacolo eppure vivo lo stesso

lo frequento questo schifo di essere

che possiede

solo avere

e mai luce

e mai aria pulita


sto lontano da voci bocche e lingue

che chiassano mi indosso di specchi

io rifletto e mi scordo sono la lama che taglia

mai le vene ti bistecca felice d'esser piètas

s'abbandona al rifarlo sorridendo meccanico

d'asmatico profondo il piacere mi prende

sono lima per ossidi geniali

non divido la panchina con altri

state lontani ché nessuno mi può sopportare

solo qualche rifiuto ha il permesso d'amare

minimamente pochi cantori del buio

s'avvicinano al coagulo

ma vi amo lo stesso

voi che trasportate

il disastro

nel cuore.


Lucio Galluzzi

©2011CCL


mercoledì 3 agosto 2011

LA CARNE




Difficile

impossibile

che serpi mangino colombe

son luoghi diversi

lontani

gli uni strisciano

le altre volano

quelli restano a terra

occhi all'insù

stupidi

impossibile elevazione

ed è vero che hanno quel Piede sul capo

pressato

al basso

più basso

Qualcuno dice che sono i lupi

quelli sì

se le dilaniano le colombe

lo dice qualcuno

che non sa

uno col pelo e il vizio

contro natura


Quando ero magnolia

ad Hatoma

si posavano accanto ai fiori miei

ero una delavayi

nonostante i seppuku tanti

lì alle radici

petali e piume non presero mai di rosso

questi miracoli

al vento piume e petali si volava

insieme

eravamo nuvole

e cielo unitamente

Fu un disastro l'arrivo dei meli

una catastrofe i frutti

a cadere sulle teste

pensanti

Diventammo carne.



Lucio Galluzzi

©2011CCL


lunedì 1 agosto 2011

ACARTESICA




So il dubbio

che mi ossigena

che è il mio pensiero

che mi rende sono

che mi esiste

che mi nutre e protegge

che mi conduce nei bassi

che non mi fa credere

mai

so delle fogne

dei condotti nauseabondi

dei ricoveri d'ondulato

dei tubi caldi per vapore d'altri

dei buchi dove scendono

dello sparire per ancora non morire

del non morire ancora come maledizione

continua

resistere alla vita

con la vita che ti resiste

purtroppo

continua

non c'è 25 aprile che ti porti via

infine per te

per me pure

per tanti e mai troppi

in maledetta stirpe

si sussiste

non si sustanzia

so degli appigli

quelli sopra i marosi

quelli disseminati su come una tavola

quelli galleggianti nella calma d'olio

quelli degli umani per tonni

quelli che ti salvano [odiata àncora]

quelli antroposquali

quelli da sci fi che fantasia non è mai

quelli che ti schiantano la testa

quelli che una raffica e tutto tace

solo risacca

So il dubbio

analogia di Dio

che è certezza per Esitazione Prima

che è marea e non ci si abbandona

che non ci si fida per i fiumi lenti

che non la vediamo l'Immensità Una

che è Oceano

che non discendiamo

che non sappiamo d'essere zattera

già sulla rotta.


E mi dispero

coi misteri della bussola.



Lucio Galluzzi

©2011CCL