venerdì 29 luglio 2011

HELENA



Toglierti le gambe pezzo pezzo
lentamente
cauterizzare a fuoco
ogni asportazione
passare alle braccia
portarle via
non in un sol colpo
altrimenti la candela non gioca
non c'è gioco mai
nel gioco vero
l'amore non ama l'amore

Ridurti un tronco
elevarti su altare domestico
immergerti in cascate di fiori
odoranti dolciastro nauseabondo
lillà, tuberose, giacinti
e garofani tanti
d'un colore solo
ho imparato bene Adorno
conosco le virgole interne
anche l'odio ha estetica
l'orrore la sua compostezza

Così ti comporrei
starei lì a guardare
seduto, fermo, occhi negli occhi
servirti d'ogni bisogno
esclusivamente primario
mai una parola
niente sorriso
l'amore non ama l'amore
non ho più tempo
Freud era setto nasale d'oro
null'altro
forse una bocca
devastata dal cancro,
l'odio non è figlio del bene

Così
davvero
voglio calarmi
nella stanza più scura mia
quella profonda
non ammessa
osservare senza agire
vedere quel tronco
che non germoglierà mai rami
e quando sarò pronto,
io,
non tu,
aprire la porta
e liberarti nel dolore
del giorno.

Lucio Galluzzi
©2011CCL


sabato 23 luglio 2011

ASYLUM




[da leggere con voce sospirata]


Si posava sul palmo

quella che aveva dovuto essere una piuma

scesa chissà da dove

e quanti colori si portava

di ricordo in visioni dall'alto

quando non precipitata era volo

anche ad occhi chiusi

serrati

la riconoscevo

testimone dall'anteriore nostro

ora viscerale senza peso

perché se ne sono andati

ogni tanto s'aprono

concedono comunione

non sono contento mai.


Non aveva senso

una goccia sul braciere ardente

eppure danzava senza svaporare

sferica perfetta

ad avvicinarsi ti rendeva orizzonti

pieni

alla pupilla

sottosopra

bastava mettersi gambe all'aria

coi piedi nel cielo

per vedere ancora

e ancora vedere

frammentata in rugiada

t'aspettava l'aurora dopo

ma io

non sono contento mai.


Eppure non hanno viaggiato invano

gli opposti

notte e luce in alternanza

per generazioni

vita e pausa

inizio e fine temporanei

era nevicato senza misura

non un solo tenero ramo

si spezzò

è vero

non sono contento mai.


Lucio Galluzzi

©2011CCL


lunedì 11 luglio 2011

AURIGA




Mi si è rotto Kant ai piedi
trastulli di pensiero inutile
stai attento che sono cambiato
da allora
non più gelatina in trasparenze
d'Irlanda
nemmeno melassa di dolce
nauseante presenza terrena
coi mozzi alle caviglie
nessuna assoluzione
in testa alla fila io
poi dietro uno ad uno
ancora
tutti incolonnati
senza pietà
microamperatevi lontani
il cervello basso
rotolante buono neppure al calcio
Eh sì
mi si è liquefatto
quest'occidente intero
il classico
il moderno
l'antico
il post
come piscia fredda
dal pene a cono d'un demone
non spartisce questo
con Socrate
quello l'hanno ammazzato
ancora non ci credono
i poveretti del manuale
sono lì ad aspettare la Venuta
il messìa
col messale
a dare la messa
distribuita in festa

Ma sanguina dal terreno
questa valle
si sprofonda a camminarci
dalle torri
sempre quelle
ubriache Medee
si lanciano ai piccoli dei
senza sperare in un volo
il mito se ne è andato.

Stai attento
proprio ora
in quest'ora
che non sarà un'ora
i Tempi fuggono
in lampi.

Lucio Galluzzi
©2011CCL

mercoledì 6 luglio 2011

TIRANA




Sapesse S'Ignora

il chiasso del legno di zoccoli

sui selciati

la notte tutta

è un camminare di gente

senza mèta

come una Tirana

vanno avanti e indietro

tornano

riprendono

lenti senza voglie

si direbbero cavalli al passeggio

se non fosse

per l'odore diverso che emanano.


Finti YSL e Boss di Cina

lasciano scie

indicano code

si cercano per ossi sacri

coccigi esasperati d'eccitazione

alcolica

si direbbe cani felici

ma l'appendice scodinzolante

è interna

piccola

ci vorrebbe una TAC in real time

passata da Itunes

buttata su un plasma gigante

per goderne tutti d'insieme.


S'Ignora sapesse

come duole tutto il melograno

s'agita l'albero

è persino anche caduta la mano

il pargoletto

la torre sul passero crollata

quella nebbia

propria del confondibile discreto

ormai solida massa

dentro ci si muove a malapena

per pena

mala.


Lucio Galluzzi

©2011CCL

venerdì 1 luglio 2011

D'Oro




Non sai parlare
non sai
quella voce che ti esce
eco senza una forma
come pipistrello
lanci il sonar
ferisci le orecchie
non resta armonia
non resta
Io ho imparato
malgrado Vivaldi
i bonbons al rosolio
zuccheri alla viola passa
ho imparato
uso i denti
m'impalo la lingua
così
la trapasso
da parte a parte
e dico come fossi notte
le labbra schiantante
giù nel pancreas
i sensi della fine
imminente
mi negano piacevolezze
note comuni
suadenza.
Non sono quello che voglio
né il tuo voluto
non lo sono
appartengo alla Luna
appartengo alla Luna
principe di quegli arcangeli
mancati
da sempre
sono differenza
io
non ho mai visto una voce
io voglio il rumore
voglio il rumore che assorda
voglio il rumore
che frantuma
la plastica secca
del mio carassio.
D'oro.


Lucio Galluzzi
©2011CCL