
Lo sai, quando Newton mi cadde sulla testa, fu turbinio esatto di consapevolezza terrena.
Da tempo non mi accorgevo più, mai più, dell'esistere in mezzo alle radici, seduto, non accolto.
Nemmeno raccolto.
Mi viene in mente Quasimodo, il poeta. Quanto debba aver tremato prima di quelle due righe.
Quante candele consumate per nascondersi a imitare Leopardi.
Tanto la Fine arriva per tutti.
A niente serve affannarsi intorno all'ombelico o due palmi sotto.
Tutto viene portato via per causa superiore.
I maledetti sono quelli che ancora hanno e sorridono felici, incauti, idioti.
I Santi al buio, privi di lacrimazione, silenziosi, atterriti, ridotti al minimo termine.
Un minerva sfregato con tatto magistrale e subito spento.
Si usa tra noi passati per lampeggiare almeno il volto, quaggiù nelle Catacombe.
Poi torna silenzio e mezzanotte lunga polare.
Tipo un sei mesi o più.
Siamo stati talmente privati di corazza e derma, unghie e voglie, speranza, porte, che ognuno
di voi provoca disordine cardiaco se solo accenna ad entrare.
Dai fai presto, nascondi tutto, veloce, non fare rumore, da Occidente a Oriente, portiamo via tutto.
Neghiamo, assentiamoci dal giorno e partecipazione.
Se si compare lo si fa composti, educati, assecondiamo la follia materica, informe mostro d'apparenza, mimando sorrisi e interesse.
Ma sai, è finita da tempo.
Il tempo è finito da tempo.
Non ce n'è più.
Pochi, rari, preziosi momenti di presentazione sociale, nel terrore d'essere colpiti ancora.
Cenerentole vere, scappiamo molto prima dello scoccare dell'ora.
Vaffanculo ai prìncipi
Alle Catacombe.
Non importa se si cade nel fuggire giù sugli scalini dei secoli in rovina.
Male non ne sentiamo più
Mi ricordo una figura avvolta in coperta, nel cuore della notte.
Scaricava carne in immagini.
Un immenso porno. Non le immagini. La persona.
Più erano giovani, maggiore l'accanimento.
Di più ne prendeva.
Il letto diventava sempre più scomodo, davvero "sfatto solo a metà".
Sono le lenzuola i testimoni della sconfitta della paura del cielo.
Tanto per non citare.
Quelli che ti fanno capire quanto questi umanoidi pratichino il disastro a danno tuo.
Danno dopo danno ti danni in dannazione, t'avvicini a quel Male che ben conosci, ma neghi.
E non t'anneghi mai una volta per tutte, lasciando spazio alla vendetta totale.
Meritano beato assassinio questi cannibali in erba, manco conoscono il valore del fegato.
Si sopravvivono, l'un con l'altro, identici, sfregandosi e tutto per loro è lì.
L'altrove lo negano.
Pure loro non s'annegano.
Se fosse fantasia ci sarebbe fragorosa risata potente nuvolare.
Se fosse invenzione, un giocattolo ferale, da neppure sfiorare.
Ma questi mangiano del nostro corpo, spolpano, ci disossano, incuranti delle pozze di sangue.
Manco puliscono, non sono capaci.
Lo sai, il giorno che mi cadde Levinas sull'aorta...
Lucio Galluzzi
C2012CCL