Quando uno dei miei Sensei cominciò ad insegnarmi gli istanti infiniti, fu difficile non solo apprezzare il lessico dell'ossimoro paradosso, eppure lui era il mio Terzo, dovevo esserne abituato.
Decostruire il Tempo, affrontare in ZaZen presente l'incedere prima della lancetta dei secondi, poi passare ai minuti per arrivare a vedere, in una giornata intera, la sfera delle ore correre sul quadrante di un piccolo orologio da donna a carica manuale.
Passò poi, dopo qualche mese, ad indossarlo Sua Venerabilità, sedeva davanti a me ed io, senza distrazione d'occhio alcuna, dovevo, nell'immobilità presente, vedere quello scorrere circolare orario, solo la minuta lancetta.
Di volta in volta, il Sensei, si allontanava sempre di più, arrivo' a togliere le lancette dei secondi e minuti, lasciando le ore.
"Guarda il Tempo circolare!".
Fino a coprirlo, l'orologio, con la manica del Kesa, guardavo il Tempo circolare.
Smontarti pezzo dopo pezzo, riporre ordinatamente i componenti davanti al tuo Zafu, osservarli, senza fretta, nudo d'intenti, abbattere meticolosamente l'impalcatura/cattedrale nel deserto della facciata, quella che ti gira intorno a 360°.
Distruggere quei motorini della meccanica acquisita, toccare con mano ferma il moto Browniano, realizzare la negazione dell'Uno matematico e metafisico: sentirsi.
I Sensei sono tutti pazzi, ti offrono la Struttura della Magia come un bicchiere d'acqua fresca in un Ferragosto rovente, dopo che ti sei fatto di pizze fritte e leccato sale per capre, senza una parola in più: bevi!
"Signore!", diceva il giornalista al Santo, "stia attento, il té che mi sta versando trabocca dalla ciotola, cade nel piattino e gocciola a terra..."
Fino a quando la tazza sarà piena, come la tua testa, del tè non capirai nulla.
"E' nel vuoto del vaso che sta il senso dell'uso, è nello specchio vuoto l'Essenza dello specchio sè stesso."
Eppure arrivavo preparato da un buon insegnante di Didattica, che tutto mi aveva dato di Ivan Illich.
Assaporare in frequenza il Paradosso per pulirsi è dolorosamente necessario.
Altrimenti resta dormiente e non preoccuparti oltre, vivi solo il tuo sonno eterno in questa vita cieca, sorda e muta, come te.
Peter Kubelka è del 1934, figlio di musicisti e cuoche viennesi, eccellenti cuoche.
Diligente nello studio, preferisce però le dure discipline delle arti marziali, determinato diventa campione di lancio del disco.
Fino a che incontra il Cinema.
Dice:"per quindici anni ho pensato solo a questo, poi ho deciso di despecializzarmi, perché non mi piace il big bang che stiamo vivendo, in cui ognuno di noi si dedica ad una sola forma di espressione, ho deciso di fare di tutto e di farlo come piace a me, sperando poi che piacesse anche a qualcun altro."
In quindici anni di duro lavoro cinematografico, Kubelka ha prodotto film che proiettati uno dietro l'altro occupano all'incirca venti minuti in totale.
Brian Eno, per lui e solo per lui, ha progettato e realizzato a New York una sala di "visione immersiva": poltrone con capottine che isolano lo spettatore dai vicini, auticolari olofonici, disposizione dei posti ad anfiteatro e soprattutto schermo orientabile a 180°, diagonalizzabile, flessibile, polimorfico.
La sala è aperta 24/24.
Kulbelka non guadagna con suoi film: "per 14 anni non ho avuto un soldo in tasca"; così a metà degli anni '60 si trasferisce negli Stati Uniti ed inizia a partecipare ai più importanti eventi/stages del cinema d'avanguardia: è co-fondatore dell' Anthology Film Archive ed è parte del direttivo della Filmmakers
Coop di New York, nonchè docente in una cinquantina di università tra
cui Harvard.
E' titolare a Francoforte di una cattedra che ha ribattezzato «Classe di insegnamento di cinema e cucina come forma artistica».
Durante le proiezioni dei suoi lavori, eventi che chiama ad esempio "Metafora del Mangiare", usa il cibo come mezzo di comunicazione, partendo magari dalla pasta.
Il cibo come "il più antico mezzo di trasmissione" viene usato in interventi pratici di culinaria; "nell' arte della cucina le espressioni sono tridimensionali come in architettura, ed è la bocca in questo caso l' organo più idoneo per la misurazione degli spazi."
Così, la pasta diventa architettura per la bocca e se al dente, si misura meglio.
Nel suo è "Il Cinema Metrico", la pellicola è "unità di misura essenziale per partiture formate di contrappunti visuali e sonori."
Ogni suo fotogramma è impressionato singolarmente .
Cinema mangiabile, film brevissimi, pubblicità per birra, porno estremo eluso alla vista chiara, memorie per l'Umanità, tra una forbice, bisturi e consevazione delle Opere in perenne stoccaggio alla Cineteca di Vienna che ha fondato.
Lucio Galluzzi
C2013CCL